La flora del PARCO NAZIONALE DEL POLLINO

Per la presenza di specie mediterranee e di quelle tipiche dei paesaggi montani più freddi, la flora del Pollino è ricca di specie erboree e arbustive e comprende decine di endemismi di alto valore scentifico, in qualche caso esclusivi del massiccio.
Tra questi è il caso del Pino Loricato, un vero fossile vivente che sopravvive alle più alte quote e fortissimi antagonismi nel contesto ambientale: viene infatti insidiato dal faggio, e solo il pascolo delle greggi che rade al piede i virgulti di quest'ultimo ne garantisce la riproduzione e la crescita.
Il suo maestoso ed elegante portamento non riesce a nascondere la sofferenza di stagioni invernali durissime.
La corteccia è formata da scaglie che ricordano le piastre metalliche delle loriche, le antiche corazze dei Romani; per questo l'albero ha preso il nome di pino loricato.

Tra le tantissime altre specie arboree presenti nel Parco vi sono l'abete bianco, il faggio, tutti e sette i tipi di aceri di cui l'acero di Lobelius, il pino nero, il tasso diverse specie di querce, castagni.

Fioriture di orchidee si osservano soprattutto in primavera, insieme a quelle di viole, genziane, ginestre, campanule e, in estate, il raro giglio rosso, oltre ad innumerevoli specie di piante officinali ed aromatiche, tra le quali la fanno da padrona le Labiatae, con molteplici specie di menta ed inoltre tutte le varietà di timo, santoreggia, lavanda, issopo, eccetera, le cui fioriture esplodono al culmine dell'estate in un delicato accostamento di colori e di sfumature.
Non da meno sono da considerare le varie famiglie di frutti di bosco e di specie arboree selvatiche che producono frutti e bacche come le mele selvatiche, i vari Prunus, le deliziose fragoline di bosco e i dissetanti lamponi di cui sono disseminati i sentieri e le frequenti radure, laddove lecondizioni climatiche e di soleggiamento ne consentono la fruttificazione.
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Galleria fotografica della flora Parco del Pollino

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Il pino loricato (Pinus Leucodermis, Antoine)

Il Pino loricato è il simbolo del PARCO NAZIONALE DEL POLLINO.
Può essere definito "fossile vivente", risalente al Cenozoico. Per secoli di questa specie se ne è ignorata l'esistenza: solo nel 1864 venne individuato nell'area balcanica centro-occidentale dal botanico austriaco Franz Antoine, che la descrisse e classificò con il nome pinus leucodermis (letteralmente: pino dalla pelle bianca), per il colore grigio-bianco della corteccia dei rami giovani.
In Italia invece bisogna aspettare il 1905, quando il Pino Loricato venne scoperto anche sul massiccio calcareo del Pollino, in esito a varie esplorazioni condotte dal botanico Biagio Longo, a cui si deve anche l'affermazione di "pino loricato", che porta ad assumere alla denominazione anche un altro significato; infatti le placche poligonali ruvide e fessurate presenti nella corteccia degli esemplari adulti del pino ricordano la "lorica", una corazza di cuoio guarnita da scaglie in uso nelle legioni dell'antica Roma.
La notevole altitudine delle vette che ospitano questa conifera (dai 1.893 m del Monte Alpi ai 2.053 m della Serra di Crispo, dai 2.248 m del Pollino ai 2.267 m del la Serra Dolcedorme, la cima più alta del Massiccio) lascia intuire che, oltre alla migrazione dai Balcani, il pino ha anche compiuto una migrazione in senso 'verticale', a causa della pressione del faggio, più forte e invadente. Sugli Appennini il Pino Loricato risulta essere l'unico albero che riesce a vegetare più in alto delle faggete.

Il Pino loricato presenta forme contorte e tormentate, nonché processi riproduttivi estremamente faticosi e lenti; la germinazione del seme abbisogna di due anni, a fronte dei 10-15 giorni occorrenti ai semi delle altre conifere, e l'accrescimento risulta 6-7 volte più lento che in altre specie.
Le piante più antiche presentano un tronco bianchissimo e resinoso, ormai privo delle scaglie sulla corteccia.
La resinosità del legno porta a processi di marcescenza molto lenti dopo la morte della pianta, con l'ulteriore e suggestivo effetto di piante non più in vita ma che non crollano al suolo, restando erette per anni, trasformate in veri monumenti arborei.
Il Pino Loricato è un albero tra i più rari in Italia, nonché il più antico in assoluto. Studi effettuati nel 1989 hanno dimostrato una età di 963 anni in un soggetto presente nel versante calabrese del Pollino.

L'abete bianco (Abies alba Mill. o Abies pectinata)

E' un albero maestoso, slanciato e longevo, e data anche la sua notevole altezza (in media 30 metri ma alcuni esemplari possono superare i 45-50 metri), è soprannominato "il principe dei boschi".
Vive ad altitudini comprese fra 400 e 1900 metri e risulta essere un albero molto longevo: può raggiungere, infatti, i seicento anni d'età.
Ama l'umidità, terreni freschi e profondi, tipici delle zone ombreggiate e molto piovose.
Se la pianta cresce isolata, il fusto si caratterizza di fitti rami, se invece la pianta cresce a stretto contatto con altre, il fusto risulta spoglio per una ragguardevole parte della sua altezza. La chioma, di colore verde-blu cupo, ha forma piramidale negli esemplari giovani, mentre negli adulti (dopo i 60-80 anni) si forma un appiattimento, definito "nido di cicogna", in quanto la punta principale ferma la crescita e i rami sottostanti continuano a svilupparsi fino a formare una specie di conca.
La corteccia di abete bianco è tra la specie Abies una delle meno ricche in tannino (solo il 5%).
Tuttavia, a differenza di altre conifere che possiedono un legno resinoso, nell'abete bianco il legno ne è poco ricco mentre nella corteccia sono presenti delle sacche da cui è possibile estrarre la trementina.

Il faggio selvatico (Fagus sylvatica)

E' una pianta che raggiunge facilmente i 25 - 30 metri di altezza. Presenta fogliame denso e foglie ovali, più chiare nella parte inferiore.
Le foglie sono disposte sul ramo in modo alterno, lucide su entrambe le facce, con margine ondulato. In autunno assumono una colorazione arancio o rosso-bruna. Ha una chioma massiccia, molto ramificata e con fitto fogliame, facilmente riconoscibile a distanza perché molto arrotondata e larga, con rami della porzione apicale eretti verticali.
Produce fiori maschili e femminili sulla stessa pianta ma in posizioni diverse.
I frutti, chiamati faggiole, sono grossi acheni commestibili, trigoni, rossicci, contenuti in ricci deiscenti per 4 valve, dai quali si ricavava olio (che si dice secondo soltanto a quello d'oliva).

L'acero lobato o acero napoletano (Acer lobelii)

E' un acero raro, usato occasionalmente come pianta ornamentale. E' un albero deciduo con portamento stretto e colonnare. I rami giovani sono coperti di pruina blu biancastra, poi diventano verdi.
Le foglie, opposte, lunghe 6-12 cm, hanno cinque lobi ondulati e sono appuntite verso l'estremità, lisce o poco dentate, lucide, verde scuro sopra, più chiaro sotto, gialle in autunno. Lo stelo reciso emana linfa lattiginosa.
Grappoli eretti di fiorellini giallo verdi sbocciano con le foglie giovani. Questi sono seguiti da frutti con ali verdi (samare) che sono lunghi fino a 2,5 cm.
Le foglie sono aghiformi, lunghe 8-20 cm, riunite in mazzetti di due, di colore verde scuro.
I fiori, come in tutte le conifere non sono presenti, al contrario troviamo due diverse strutture riproduttive (una femminile ed una maschile) indicate come:

  • Macrosporofilli: sono costituiti da piccoli coni di colore rosato, peduncolati, solitari o a piccoli gruppi.
  • Microsporofilli: sono piccoli coni ovoidali e giallastri, sessili e riuniti in gruppi.

Le Orchidacee (Orchidaceae)

I loro fiori sono comunemente chiamati orchidee. I fiori hanno una tipica struttura alata, con un perigonio di tre sepali superiori e tre petali inferiori; uno di questi, detto labello, si differenzia per formato dagli altri in modo da attirare gli insetti impollinatori.
Le dimensioni e il colore del labello, unitamente alla forma dello sperone cavo in cui si prolunga la sua base, mutano a seconda delle diverse specie.
Ogni fiore possiede organi maschili (androceo) e femminili (gineceo), riuniti in un solo corpo colonnare detto ginostemio, talvolta prolungato in un rostello carnoso. Quasi tutti i fiori di orchidea al momento dello sviluppo compiono una torsione di 180° (resupinazione), così che il petalo posteriore diviene inferiore e il sepalo anteriore diviene superiore.
I sepali e i petali laterali sono quasi sempre uguali tra di loro, mentre il petalo centrale (il labello) è sempre diverso e può assumere svariate forme; nello stesso tempo può o meno contenere nettare.

La viola

Alcune specie si ritrovano anche sugli Appennini.
Questi fiori sono più frequentemente pentameri, cioè hanno una corolla formata da 5 petali, e generalmente 5 sepali o 4-7 in alcune specie. Lo stilo è abbastanza corto oppure assente.
La corolla presenta delle pieghe (pliche) tra un petalo e l'altro. L'ovario è quasi sempre sessile e presenta nettarii.
Le genziane crescono su terreni acidi o neutri, ricchi di humus e ben drenati; si possono trovare in luoghi pienamente o parzialmente soleggiati. Sono utilizzate frequentemente nei giardini rocciosi.

Il giglio rosso o giglio di san Giovanni (Lilium bulbiferum o Lilium croceum)

E' una pianta della famiglia delle Liliaceae.
Cresce spontaneo sui nostri monti, con dense infiorescenze erette di colore giallo-arancio punteggiato di marrone, su steli di circa 1 metro di altezza. Si moltiplica facilmente con i bulbilli prodotti sullo stelo.

Il timo (Thymus)

Il suo nome scientifico deriva dal greco forza, coraggio, che risveglierebbe in coloro che ne odorano il profumo balsamico. È una pianta a portamento arbustivo, perenne, alta fino a 40-50 cm, con un fusto legnoso nella parte inferiore e molto ramificato, che forma dei cespugli molto compatti.
Le foglie sono piccole e allungate con una colorazione variabile dal verde più o meno intenso, al grigio, all'argento, ricoperte da una fitta peluria in quasi tutte le specie.
I fiori sono di colore bianco-rosato e crescono all'ascella delle foglie in infiorescenze a spiga e sono ad impollinazione entomofila (da insetti), soprattutto ad opera delle api. I frutti sono degli acheni.
La pianta è considerata appartenente al gruppo della "aromatiche". Ha infatti in ogni parte, ma soprattutto nelle foglie e nei fiori un odore gradevole ed aromatico.

La santoreggia (Satureja)

E' un'erba molto usata in cucina, che appartiene alla stessa famiglia della menta. Tra le specie più utilizzate, si ricordano le specie Satureja spicigera, detta invernale, Satureja hortensis, detta estiva e Satureja montana).
La pianta si utilizza per condire legumi, nella produzione di miele o nella preparazione dei liquori o come erba medicinale.

La lavanda

Il genere Lavandula comprende circa 25-30 specie di piante appartenenti alla famiglia della Lamiaceae, tra cui la lavanda. La pianta è originaria delle regioni Mediterranee.
Le specie del genere Lavandula sono diffuse nei luoghi rupestri del bacino del Mar Mediterraneo.

L'issopo officinale (Hyssopus officinalis L.)

E' una pianta aromatica della famiglia delle Lamiaceae. È una pianta erbacea molto antica coltivata per le sue proprietà terapeutiche (espettoranti, digestive) e per gli usi in cucina.
È originaria dell'Europa del sud e dell'Asia occidentale.

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