Museo della grotta del Romito e scavi archeologici - Papasidero
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Le testimonianze di vita a Papasidero risalgono, come è emerso dalle ricerche archeologiche nella Grotta del Romito, a
circa 24.000 anni tuttavia le origini del borgo traggono origine da una rocca longobarda divenuta castello in epoca
normanno-sveva (XI-XIII secolo). Il toponimo deriva verosimilmente dal greco papàs Isidoros (prete Isidoro), capo di una
comunità basiliana al tempo in cui il territorio fu meta prediletta dei monaci orientali. Infatti Papasidero rimase centro
di lingua greca fino al processo di latinizzazione avviato dai Normanni dopo il loro avvento nel Meridione.
La storia feudale del paese, di cui esiste un documento relativo al 1152 in cui se ne parla ufficialmente, ebbe
inizio nel Cinquecento come possesso della famiglia Alitto che ne mantennero la titolarità fino all'estinzione del
casato (1722); dopo una serie di avvicendamenti e il breve passaggio alla Regia Corte, il feudo passò agli Spinelli,
principi di Scalea fino all'eversione della feudalità (1806).
La ricchezza storica, naturalistica ed artistica di Papasidero si riscontra in ogni angolo del paese e, tutte e tre
insieme, nella Grotta del Romito che testimonia la presenza umana fin dal Paleolitico Superiore. Si trova a circa 14 km
dal centro urbano ed è formata da due ampi spazi che si estendono per circa 20 metri e dal riparo che si estende per 34
metri ca. La famosa e spettacolare incisione rupestre raffigurante il Bos Primigenius si trova proprio in questo riparo
e rappresenta il fiore all'occhiello della ricerca archeologica a Papasidero e in tutto il Meridione.
L'itinerario storico-artistico abbraccia l'intero borgo; suggestiva è la vista dei tetti rossi man mano che dal castello e
dalla chiesa Matrice si scende lungo lo sperone roccioso sul quale è ubicato l'abitato e suggestivi sono i sentieri e i
ponti che conducono al fiume Lao.
Nel territorio di papasidero numerosi furono gli insediamenti monastici e le chiese che sorsero tra il X e il XII secolo
poiché esso occupava una posizione preminente nella regione monastica mercuriense in cui fiorì con eccezionale evidenza
il fenomeno del monachesimo basiliano. Fu in questa data che sorsero la chiesa di Sant'Elia (di cui si intravedono oggi
alcuni ruderi), la chiesa di San Pietro il Grasso, il convento di San Nicola da Tremulo oggi scomparso e la bellissima
cappella di Santa Sofia relativamente alla quale non esistono molte fonti documentarie. Essa si trova in posizione
suggestiva, incastonata tra le case del centro storico e presenta una pianta pressoché trapezoidale e ridotte dimensioni
dell'invaso ecclesiale; in facciata -costruita con blocchi di tudo- si trova un oculo ellittico e, nell'interno un ciclo di
affreschi con le raffigurazioni della Pietà con S. Apollonia e le SS. Caterina e Lucia, di Santa Sofia e i SS Pietro e Paolo
e, infine, con i santi Rocco e Biagio e la Vergine di Costantinopoli in trono.
Essi afferiscono alla temperie artistica tre-quattrocentesca ma con evidenti inflessioni alla cultura e alla religiosità
locale nonché riferimenti alla committenza privata; il ciclo, infine, risulta connotato da una particolare pietà popolare e
da una sorta di "archivio storico" della vita sociale del paese che trasferisce nell'iconografia di questi santi le
proprie esigenze e paure.
Le chiese del borgo annoverano il Santuario di SS Maria di Costantinopoli, incastonato come una perla sulla rocca che
affaccia sul Lao e edificato intorno al seicento sui resti di un edificio di ridotte dimensioni, verosimilmente di epoca
basiliana. La chiesa conserva preziose opere e presenta una pianta a croce greca, tre navate e tre campate: tra esse la
statua della Madonna di Costantinopoli e un affresco medievale raffigurante la Madonna Odigitria con il Bambino.
Altrettanto suggestiva e seminascosta nella vegetazione è la cappella della Madonna del Carmine risalente al XVII secolo
e raggiungibile tramite un ponte sul fiume S. Nocaio; in essa è custodita un'opera stupenda dell'artista mormannese Angelo
Galtieri risalente al 1724: la Madonna del Carmine con San Francesco e San Domenico. Ricerche documentarie tenteranno di
scoprire se il pittore apparteneva alla famiglia del noto Genesio Galtieri o se si tratta della stessa persona.
Il secondo, sempre nativo di mormanno e figlio però di un notaio, fu autore di meravigliosi affreschi in chiese e
palazzi gentilizi fino al primo decennio del XIX secolo.
La chiesa Matrice è intitolata a San Costantino e risale al XIV secolo sebbene aggiustamenti ottocenteschi ne abbiano
modificato l'aspetto; in essa spiccano due acquasantiere del Due-Trecento, un fonte battesimale in granito, l'altare
maggiore in marmi policromi e altre pregevoli opere.
Si erge su tutti il castello risalente all'XI-XIII secolo e del quale restano tratti di cinta muraria e la torre del cambio
della guardia.
Il territorio di Papasidero è immerso nel PARCO NAZIONALE DEL POLLINO e presenta una serie di percorsi naturalistici e
una ricchissima varietà di flora e fauna; tra gli itinerari consigliati la Via dei Monaci Basiliani, il sentiero lungo
le limpide acque del Torrente Ombrece e numerosi punti panoramici: Cerri, Piano delle Fosse, gole del Lao, monte Ciagola,
cascata di Mbriachi, fontana del Monaco ecc.
Testi e foto tratti da provincia.cs.it/retemuseale
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